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La rappresentazione del re sabino Numa è profondamente segnata dalla leggenda del suo discepolato da Pitagora, che - raccordandosi ad una precisa tradizione magnogreca sui legislatori pitagorici - sembra nascere ed affermarsi intorno al motivo della sapientia constituendae civitatis. Attraverso un'ampia riflessione su alcuni temi individuati come "strategici" e cercando di riconoscere i tempi di formazione dei diversi elementi ed il significato di certi dislivelli della tradizione, Alfredina Storchi Marino mira a definire l'influenza che il collegamento enigmatico ma forte con Pitagora ha avuto sulla raffigurazione complessiva del re, e le conseguenti incidenze sulla vita politica e culturale romana. Il processo di elaborazione delle diverse notizie sembra conoscere due snodi importanti, tra il IV ed il II secolo a. C., e coinvolgere l'azione di alcune famiglie della nobilitas patrizio-plebea, intrecciandosi con le vicende e l'attività del collegio dei pontefici. Nel pieno II secolo, poi, epoca in cui comincia ad essere discussa la leggenda pitagorica del re, Numa sembra essere proposto come un "altro Pitagora" che proietta la sua opera di legislatore e pacificatore sull 'Italia ormai sotto l'egemonia romana.