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PROLOGO La fiaba è di solito considerata un genere letterario minimo, un truciolo di letteratura. Degno della monotona narrazione di una vecchietta nel buio, davanti al camino acceso, sulla soglia del sonno di qualche bambino e bambina. Trasmessa per millenni da donne illetterate, ha raggiunto il livello antropologico solo da qualche secolo. "Favola" è ritenuta opposto di "Scienza" e quasi sinonimo di "frottola". Si impongono tuttavia due sue qualità nel tempo e nello spazio, che danno a pensare. Una è l'antichità delle sue trame, che Vladimir Propp fa risalire al Paleolitico, l'altra è l'estensione della sua area a continenti e culture diverse e non comunicanti, come per le tante versioni del mito di Amleto, secondo De Santillana e Van Dechend. Deve esservi nella fiaba qualcosa di solido e duraturo, qualcosa di interno e profondo, che scende in epoche lontane e negli innumerevoli "centri del mondo", una legge di stabilità nascosta nella sua piccolezza. La cutrettola (Motacilla) è un vivace uccellino bianconero: ha l'abitudine di agitare la coda, il che gli ha guadagnato il nome di "ballerina" Ha scritto l'ecologo T. H. Thorpe: 'La cutrettola là in giardino era qui prima che sorgessero i monti dell'Himalaya'. Potremmo parafrasare: la fiaba accanto al camino era lì prima che sorgessero le grandi epopee. Che cos'è dunque che dà alla favola tanta stabilità? Vedremo di seguito che è la sua relazione con il cosmo e con la natura. Nel balbettio di una serie secolare di vecchine? Nello scodinzolare della cutrettola? È proprio così: seguitemi.