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Lo studio dei mostri è forse la via d'accesso privilegiata all'immaginario, alla mentalità, alle credenze religiose di una data cultura. Muovendo da questo assunto, Ariel Toaff ha indagato nelle pieghe di una letteratura sconosciuta e rara, fra testi di fantasia e relazioni di viaggio, precettistica e manuali di medicina, portando alla luce i frutti meravigliosi o deformi dell'immaginario ebraico fra medioevo ed età moderna. Un mondo immaginario per molti aspetti identico a quello cristiano; come per i cristiani, l'altrove fantastico è l'India, popolata di animali con un numero imprecisato di occhi e teste, di uomini mostruosi e licenziosi: là, le leggi sono rovesciate, ogni piacere è lecito, ogni cibo permesso. Ma il grande mito ebraico è quell'altrove dove secondo la leggenda vivono le «dieci tribù», di là dal magico fiume Sambation; un Eldorado sontuoso dove gli ebrei sono ricchi e potenti - mito del risarcimento e del riscatto che illude le tartassate comunità ebraiche d'Europa cullandole nell'aspettazione del messia. Accanto a ciò, la sorprendente letteratura ebraica sulle nascite mostruose, da un lato, e, dall'altro, le trasformazioni del pregiudizio antisemita: da «rabbiosi sucaturi del sangue delli christiani» gli ebrei diventano, dopo la Controriforma, «esseri ridicoli, caratterizzati dal tipico fetore e dediti a rituali grotteschi e incomprensibili».