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«Il pastore non deve mai sedersi, afferma un proverbio sahrawi: e infatti queste donne vivono in piedi.» Costruiscono gli accampamenti, gestiscono scuole che hanno portato al 95% il tasso di alfabetizzazione, discutono di politica su Internet e allevano figli, i tanti figli partoriti perché il loro popolo perseguitato non si estingua. Il Sahara Occidentale di queste genti nomadi ha infatti solleticato gli appetiti prima della Spagna franchista e poi quelli del Marocco, che lo occupa tuttora con il colpevole silenzio dell'ONU. I sahrawi sono quindi stati spinti nell'hammada, lo sconfinato tavoliere sassoso tra l'Algeria e la Mauritania. Ma lì si sono riorganizzati e sono riusciti addirittura a traghettarsi nel terzo millennio, con tanto di pannelli solari e corsi di informatica. Grazie soprattutto alle donne, visto che gli uomini sono spesso lontani, a combattere con il Fronte Polisario per l'indipendenza. Affascinata da una realtà tanto insolita nel panorama musulmano, Ana Tortajada ha deciso di trascorrere un periodo in queste intraprendenti comunità. Cosi, tra proverbi e racconti tribali, il rito del tè e la cerimonia delle nozze, con tutti i loro profumi e sapori, ci presenta la tabita che pratica la «medicina verde» e la dentista laureata a Cuba, ma soprattutto ci fa conoscere tante eroine della quotidianità che si sono guadagnate la possibilità di avere un lavoro e un peso sociale, e ora le vedono minacciate dai loro stessi uomini: saranno in grado di conservare la loro nuova identità quando questi torneranno dal fronte?