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Nel 430 Agostino muore a Ippona, mentre la città è assediata dai Vandali, barbari di fede ariana e dunque eretici. Il celeberrimo teologo, l'autore di un'opera immensa, il vescovo stimato da cristiani e pagani viene a mancare proprio nel momento in cui l'Africa Romana attraversa la sua crisi più grave.
Facile immaginare lo sgomento dell'episcopato locale e, soprattutto, di quegli amici e colleghi che con lui avevano condiviso tante battaglie in difesa della fede cattolica e di una identità orgogliosamente percepita. Fra questi il vescovo di Calama Possidio, un antico allievo e compagno di ascesi, trasformatosi col tempo in un collaboratore fidato ed efficace. Costui deve aver pensato che quella voce non poteva spegnersi, ma doveva anzi tornare a risuonare con tutta l'antica forza.
Compose allora la Vita di Agostino, un'operetta che, pur inserendosi all'interno di una tradizione letteraria relativamente affermata, mostra significative peculiarità: non una qualsiasi pedissequa riproposizione di "fatti" e "costumi" per sempre consegnati alla storia, ma il ritratto parlante di un protagonista "vivo", che intende ancora incidere significativamente sulla realtà.