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[…] Credo di aver presto capito, grazie a Dante, che Pound è stato uno
di quei rari poeti in cui il rapporto tra visione e profezia si fa assai stretto,
anche se più di altri ha corso i rischi e gli errori di chi vuole farsi anche
interprete della propria visione. […] Entrambi, Dante e Pound, fondano
la loro più profonda conoscenza su uno speciale atto del vedere, tra visione
e veggenza, che li apre non a visionarietà tra il fantastico e l’allucinato,
ma ad un’esperienza di reale visione. Da qui l’importanza del ''vedere'',
dei particolari ''occhi'', che consentono a Pound di poter dire ''Ubi amor
ibi oculus'' e, prima di lui, a Dante di poterci iniziare alla realtà degli
''occhi di Beatrice''.