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Franco Ferrara, già a partire dall'inizio della sua opera, indica al lettore che voglia seguire un percorso di rinascita, un pilastro non indifferente della Tradizione, cui non limitarsi a guardare con ammirazione, ma da fare proprio, da assorbire fino a comprenderne i più reconditi significati: l'Egitto e i suoi misteri.
Nella sua compiuta prefazione, oltretutto, egli ricalca i motivi che uniscono i due saperi, focalizzati nell'Arte Egizia e nell'Arte Muratoria, e ne rileva i paralleli mostrandoceli addirittura intimamente "uniti" da un invisibile filo rosso, un'impuntura esoterica sottile e profonda. Così, egli ci rivela che, in ambedue, esiste l'idea di specularità del cielo con la terra e che, in ambedue, esiste l'idea di totale indipendenza dell'Uomo rispetto alla Natura, sia pure nella stretta collaborazione e convivenza.
Ancora, ci ricorda che l'uso del simbolo, non fine a se stesso, esisteva, già allora, presso gli Egizi, sia pure sul piano dell'indagine esoterica, e che esso aveva, già, un ruolo importante nella trasmissione del pensiero e nella volontà di tramandare la Tradizione, con un uso che vede il simbolo impiegato, quindi, come stimolo al pensiero, nella ricerca della sua origine geroglifica e del messaggio in esso artatamente riposto. Ed, allora, Franco Ferrara ci mostra come già, in quei tempi, fosse essenziale, nella ricerca di se stessi e nella propria reintegrazione nel sé cosmico, il superamento della ragione analitica, e di quanto fosse matura la convinzione che solo la visione evocativa del simbolo nella sua integrità vitale potesse, come afferma lo stesso autore, dare inizio alla rigenerazione mistica dell'io, sospingendolo iniziaticamente verso il sé.
Ed ecco che l'autore, secondo una simbologia propria della terra egizia, la magica Kemi, in cui nacque l' Alkìmia, ci spiega magistralmente il percorso che il simbolo materialmente compie per condurci alla Luce e, quindi, alla conoscenza dell'Assoluto che, egli non dimentica di sottolineare, è profondamente radicato in noi.