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Dalla prefazione di Giovanni Iannuzzo:
Spesso, nella storia della psichiatria, alcuni fenomeni psichici sono stati volutamente trascurati. O, se vogliamo, semplicemente sottovalutati.
È difficile comprenderne il motivo. È probabile che, in uno sforzo continuo di adeguamento al metodo scientifico positivista, si sia tentato di razionalizzare e semplificare progressivamente le regole essenziali del comportamento umano normale e patologico, il che ha reso necessario trascurare quelle zone d’ombra che in qualche modo interferivano con questa semplificazione. Eppure le zone d’ombra esistono. E di tanto in tanto, come in un’eclissi, vanno a oscurare, seppure per un attimo, il sole delle nostre certezze scientifiche.
Una di queste zone d’ombra, in campo psichiatrico, è la possessione. Come fenomeno, la possessione pone una serie di problemi inquietanti. Per dirla con Weiant: “È veramente possibile per un’entità estranea (sia essa un demone o un angelo o l’anima di un defunto, o forse anche lo spirito di un animale) prendere possesso del corpo di qualcuno e ridurlo in suo potere?”. Il termine stesso di possessione sembra catapultarci indietro di secoli, sino – se non oltre – al famigerato Malleus Maleficarum dei domenicani Sprenger e Kramer, che portò tra le fascine infuocate dei roghi migliaia di donne, probabilmente solo povere isteriche. Ma la domanda resta: la possessione esiste?