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Dall'introduzione di Giuseppe Valentini:
«In una prima epoca, fino alla bufera iconoclastica, l'innografia religiosa bizantina si esercitò specialmente nella composizione detta kontákion, che o in poche strofe o anche in una sola condensava stringatamente l'elogio del santo o il concetto della festa da celebrarsi.
Da quell'epoca in poi il grande impegno di ricostruire i testi dell'ufficiatura sacra, andati distrutti in quella crisi, addestrò talmente gli innografi da consentir loro, e forse anche da suggerire, la composizione di più ampi poemi noti sotto il nome di canoni.
Loro funzione era quella di intercalare alcune strofe di più ricca e variata melodia agli ultimi versetti di ciascuno dei cantici dell'Antico e Nuovo Testamento (Odi) che si solevano cantare specialmente nell'ufficio di Mezzanotte (Mesonyktikón) o in quello di Mattutino (Orthros), e, in certe feste, anche in altre ore canoniche. Dette odi erano in numero idealmente di nove, e ne daremo lo specchietto alla fine della prefazione,· però la seconda, che è lunghissima, viene cantata solo in certe ufficiature di vigilia, quando si cantano tre sole odi; quindi normalmente, essendo otto i cantici, otto sono anche le rispettive odi dei canoni che ad essi si intercalano.[…]»