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Perché giocare d'azzardo con il Signore della morte? Perché non prepararsi per tempo all'appuntamento ineludibile che ci attende tutti alla fine della vita? L'invincibile Signore della morte, l'immagine negativa e terrificante, è in realtà la personificazione dell'impermanenza, del cambiamento, del rinnovamento e della liberazione. Il flusso continuo di nascita e morte è una benedizione che dà senso alla vita e le impedisce di essere statica e stagnante. Non solo: trovare il coraggio di riflettere seriamente sulla morte porta a capire che la morte e la nascita accadono in ogni momento, che quel che chiamiamo vita in realtà è solo l'illusione della continuità, una successione di istanti, un flusso di pensieri ed emozioni che nascono e si dissolvono incessantemente.
Dzogchen Ponlop offre in queste pagine una vera e propria guida per la vita e la morte basata sugli insegnamenti trasmessi da Padmasambhava nel testo La grande liberazione attraverso l'udire nel bardo, comunemente noto come Il libro tibetano dei morti. Nella concezione buddhista tibetana la morte è un bardo, un "periodo intermedio" in cui, grazie al distacco della mente dal corpo, diviene più facile fare esperienza della vera natura della realtà. Ci sono sei bardo, tre relativi all'esistenza presente e tre alla morte e alla rinascita: i bardo di questa vita, del sogno e della meditazione, e i bardo della morte, della dharmata e del divenire. L'autore li esamina uno per uno, spiegando in dettaglio i metodi di pratica trasmessi dalle varie scuole tibetane per trasformare questi stati di esperienza in grandi occasioni di liberazione.