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Scritta di getto nel 1912, «esplosione di tutti i contenuti psichici che non potevano trovar posto nelle strettoie opprimenti della psicologia freudiana e della sua visione del mondo», quest’opera non ha segnato soltanto il distacco di Carl Gustav Jung dal suo maestro, ma è diventata per lui una specie di programma di lavoro da svolgere nei decenni successivi. Lo spunto del libro è dato dall’esame di «alcuni esempi di immaginazione inconscia creativa»: lo scritto autobiografico di una giovane poetessa americana, indicata come Miss Miller. L’analisi di queste fantasie consente a Jung di cogliere straordinarie somiglianze tra mitologemi di varia origine, studiati con prodigiosa ampiezza di riferimenti culturali. Così facendo, Jung giunge ad ampliare il concetto freudiano di «libido», e a individuare quei funzionamenti della psiche collettiva che definirà «archetipici».