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Regimi e governi dell'antichità conoscevano la corruzione oppure no, la praticavano o la aborrivano? Cesare, per esempio, come venne eletto console? E Cicerone era soltanto un ottimo oratore ed un grande avvocato? E Pericle presentava all'ekklesia i conti delle spese dello Stato? E come vinsero i Persiani alle Termopili, con l'inganno o con l'audacia?
E le cortigiane che ruolo ebbero?
Catone fu veramente il "censore" o non fu invece imperfetto come altri uomini? Aristide il "Giusto" si lasciò corrompere o il processo fu una montatura? E Alcibiade, Cimone, Scipione l'Africano, Pompeo e Silla, Verre ed Anassagora, Aristarco di Samo e Milziade: chi furono veramente?
La risposta in questo impeccabile ed ironico pamphet, frutto di mesi di studio e di ricerca sui testi degli scrittori classici, più realisti e pragmatici degli storici moderni. Tra Pericle ed Augusto, tra l'Atene democratica del V secolo a.c. e la Roma sconvolta dalle guerre intestine e dalla nascita di Cristo, le lotte per il potere si susseguono ogni dove e vengono condotte con ogni mezzo, lecito ed illecito: brogli elettorali, corruzione dei magistrati e dei giudici, battaglie comprate e vendute, ostracizzazioni truccate, peculato e furti ai danni dell'erario dello Stato e altro ancora.