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Complesso fenomeno culturale che ha interessato la storia del pensiero di tutta l’Asia orientale, il “neoconfucianesimo” si ispira al confucianesimo classico – condannato in epoca moderna per le sue implicazioni autoritarie e gerarchiche, ma esaltato anche per il suo contributo morale – e si arricchisce di suggestioni buddhiste e daoiste. Come ogni grande sistema ideologico la sua dottrina comprende concetti e simboli diversamente interpretabili: si tratta di un’ideologia al servizio del potere imperiale oppure di una dottrina per l’auto-perfezionamento morale? Nel neoconfucianesimo coesistono entrambe queste anime, con sviluppi caratterizzati dall’autonomia intellettuale, un forte spirito pratico e al tempo stesso una profonda religiosità. La realizzazione dell’io è intesa come progresso morale non dissociato dall’affermazione sociale e dal rapporto con l’universo, in una continua tensione etica e religiosa dove il trascendente è anche immanente. Ma, nella misura in cui si è identificato con l’ortodossia, il neoconfucianesimo non poteva sottrarsi alle manipolazioni dei potenti. Legittimò il potere, ma anche la violenza del vincitore. Nella sua ambiguità si fece paradossale fondamento ideologico per i potenti come per gli oppositori, per i conformisti come per i dissidenti, per opportunisti e per contestatori.