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La rivoluzione romana, che Ronald Syme pubblicò nel settembre 1939, affronta uno dei nodi cruciali della storia di Roma: la caduta della repubblica e il declino della libertà politica sino all'ascesa al potere di Augusto e alla fondazione del suo regime. Quest'opera intende reagire alla visione «tradizionale» e convenzionale del periodo che va dal 60 a. C. al 14 d. c., evitando in particolare di assumere nei confronti di Augusto e del suo operato quell'atteggiamento panegiristico proprio di molta parte della letteratura sull'argomento. In essa l'accento non è posto tanto sulla figura e sull'attività dell'« optimus princeps» quanto sugli uomini nuovi usciti dalla catastrofe repubblicana e destinati a costituire la nuova «classe dirigente» della Roma del principato. La struttura dell'oligarchia governativa assurge quindi a tema dominante della storia politica, venendo a costituire l'anello di congiunzione tra la repubblica e l'impero: è qualcosa di concreto e di tangibile, comunque si possa nominalmente e teoricamente configurare la costituzione. Se perciò da un lato le biografie di Pompeo, Cesare, Augusto, gli avvenimenti bellici, gli affari provinciali e la storia costituzionale godono in queste pagine d'un peso relativamente limitato, vi assumono d'altro lato il dovuto rilievo le nobili casate romane e i principali alleati dei diversi capi politici.