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La cannabis e l'hashish si sono diffuse in Occidente - come abitudine di massa - solo in tempi relativamente recenti. Ma appaiono invece già nella civiltà araba medievale e classica al centro di una discussione curiosamente simile, se non addirittura più evoluta, di quella della nostra società. Attraverso la letteratura, la poesia etero e omosessuale, la trattatistica legale e religiosa, fino al sufismo e alle controversie inerenti la questione di una sua «modica quantità», la raffinatezza della cultura araba ci introduce. già a partire dal 1100 d.C., nel pieno di un dibattito fra «proibizionisti e antiproibizionisti», sostenitori dei mistici benefici della pianta e aspri detrattori. Offrendo una ricca aneddotica di storie, nomenclature gergali, ricettari, descrizioni dei luoghi di vendita, ma anche un'attenzione verso gli effetti psicologici del consumo: in una prospettiva continuamente altalenante fra il divertissement sul piano fisico e gli imprevisti risvolti su quello metafisico.
(Roma 1963) è laureato in Lettere all'Università «La Sapienza» di Roma. In Italia e all'estero ha condotto ricerche su testi di René Guénon, Ananda K. Coomaraswamy e Titus Burckhardt. Suoi racconti e articoli sono sulle riviste «Erre!», «Zero in Condotta», «Blue», «L'Ostile», «'tina». Ha scritto il romanzo Hanno rapito Gorbaciov (Castelvecchi 20001), e la sua ultima pubblicazione è nell'antologia di racconti Sei nella Guerra (Edizioni Non Luoghi 2003). Da alcuni anni ha approfondito lo studio della letteratura araba classica.