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Maestro, collaboratore stretto e successore designato di Giuliano l’Apostata, Salustio concepì questo mirabile trattatello quando lo scontro fra paganesimo e cristianesimo era giunto al suo apice. Con il minimo di parole e il massimo dell’efficacia, egli volle dire ancora una volta – e si dà il caso che fosse l’ultima – che cosa significa essere pagani. Così il sacro, il mito, il divino, il mondo, l’uomo vengono qui presentati alla luce del pensiero neoplatonico, che è il pensiero stesso del tramonto pagano. Raramente su questi vasti temi erano state allineate formule tanto illuminanti: e questo «aureo libello» (secondo la definizione di Athanasius Kircher) può davvero essere considerato il viatico migliore per chiunque voglia avvicinarsi al mito – e dunque avvicinarsi a capire il mondo: «Anche il mondo infatti può esser detto un mito, poiché in esso corpi e oggetti si manifestano, mentre le anime e le intelligenze si nascondono».