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L'emozione che suscita in me questo Vermeer, visto qui nella sala del Museo, è qualcosa di unico e di assoluto, che proprio solo questo Vermeer, in questa esperienza originale che ne ho, può darmi. Eppure ho sentito una strana storia su certi Vermeer, che mi rende turbato e perplesso. Pare che in Olanda degli studiosi che sono familiari coi quadri del Maestro meglio che il prete con i passi del Vangelo si siano lasciati raggirare da un abile truffatore. Ma, mi domando, e l'emozione originale? come potrò io, amatore dilettante, sperare di sottrarmi all'illusione di una pseudo-emozione surrogata? Di fronte a questo dubbio, anche la tranquilla ragazza che ho davanti agli occhi, che tutti ammirano e su cui tutti pensano di vivere un'esperienza assoluta, mi indispettisce, e la serena contemplazione di poco fa si oscura.
Che cos'è un originale? E come avviene che io mi inganni? Se un'opera d'arte solidifica - come ho sempre pensato un frammento di eterno, dovrebbe pur parlare immediatamente al mio spirito. Non vi dovrebbe essere dubbio di sorta,. il problema del falso non dovrebbe neppur sussistere. Eppure che dovremmo dire delle molte opere "di scuola" dove la mano del maestro c'è e non c'è, dove la sua presenza si avverte indiscutibile, ma come mediata e distanziata? ì sufficiente dire che qui si sia sostituito all'intuizione originale la fredda spoglia di uno stile? Questo " stile" che si prolunga è proprio solo un tramite neutrale, mera tecnica e uso senza significato?
Il problema dei falsi artistici è uno di quei problemi che sembrano fatti per mettere scompiglio nelle nostre idee estetiche più solide. Quella del falsario è un'arte antica, e i nostri grandi del Rinascimento ne sono stati i primi battistrada. Ma quando Michelangelo .. restaura" antichi capolavori ricreandoli, egli non fa che prolungare, su un modello classico, quello che è il proprio ideale d'arte. Michelangelo non avrebbe mai " rifatto" una statua gotica, e quando Rubens "rifà" un ritratto del Quattrocento, lascia trasparire senza equivoci la sua propria personalità stilistica. Si tratta sempre, a questo livello, di un alto esercizio di stile, di quello che in fondo rimane sempre, in qualche misura, il proprio stile. L'età moderna invece, storicistica e relativistica anche in questo settore, conosce falsari professionisti per ogni epoca e per ogni stile; falsari che agiscono con perfetto distacco, riscoprendo talvolta con l'intelligenza e la sensibilità di un critico le leggi formali di un' epoca o di un artista.
Al di là dell'artista e del falsario sta nello sfondo la figura del mercante, che spesso accetta e stipendia la produzione di "capolavori del passato." Gli storici dell'arte - quando almeno anch'essi non si lasciano prendere la mano dal mercato - fanno sforzi continui per aprire un ritorno all'"autentico" nella selva delle riproduzioni e delle variazioni. Intanto il collezionista teme che i pezzi della sua raccolta subiscano un tracollo nella stima dei competenti, e nel prezzo di mercato. E il semplice amatore, all'infuori da tutto questo, è tormentato dal dubbio che le sue emozioni estetiche, che egli riteneva pure, siano in realtà mistificate. Non è questa una delle paradossali conseguenze dell'aver abbassato il valore artistico a semplice valore di scambio?