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L'identità di Shakespeare rimane un enigma, un segreto che la mentalità moderna - istintivamente portata ad indagare, smaniosa di scoprire e dissezionare ogni mistero, anche ciò che esula dalla razionale comprensione - vuole a tutti costi tentare di svelare e divulgare, col rischio anche di creare una certa confusione.
Soprattutto nella prima metà del XX secolo, attraverso una serie di studi corredati da meticolosi indizi, sono stati pubblicati alcuni saggi critici che sostengono una 'sconvolgente' ipotesi (ci renderemo conto, nel momento in cui decideremo di lasciare queste dispute da parte - concentrandoci unicamente sui contenuti del testo - che tali teorie non ci possono poi turbare più di tanto); ebbene secondo quelle indagini, le fatiche letterarie comunemente attribuite a William Shakespeare (attore realmente esistito a cavallo tra il XVI ed il XVII secolo - almeno questo è stato scientificamente' provato) furono opera di Francis Bacon, o quantomeno l'attività artistica dei due sarebbe da mettere in stretta relazione.
Tuttavia, non è nelle nostre intenzioni seguire le tracce di queste elaborate dissertazioni. Vorremmo piuttosto concentrare il presente studio rivolgendoci soprattutto a coloro che non si lasciano irretire da ricerche di questo tipo - sul messaggio profondo del testo, al di là delle polemiche questioni di attribuzione; e dal momento che l'oggetto principale dell'opera shakespeariana è l'animo umano - le sue debolezze, le bassezze, ma anche le potenzialità, la sua immensità - l'obiettivo principale delle pagine a seguire sarà quello d'invitare i lettori a riflettere sulle profonde finalità dell'espressione artistica. Non ritengo dunque utile indugiare ulteriormente sull'attribuzione del prestigioso opus in questione, non solo come segno di rispetto per un mistero che è giusto mantenere tale, ma soprattutto per evitare quelle pericolose distrazioni che spesso ci impediscono di focalizzare le nostre attenzioni sul testo, compromettendo il più delle volte la comprensione dei suoi più intimi contenuti.
In primo luogo, vorremmo invitare tutti a rileggere (o per coloro che non lo abbiano mai fatto, a leggere per la prima volta) alcune delle più intense opere teatrali, sulle quali maggiormente si sono concentrate le nostre riflessioni. Va da sé che per favorire la comprensione delle argomentazioni, sarebbe meglio conoscere, prima o poi, la maggior parte della produzione shakespeariana.
Ovviamente sarà ben più piena e coinvolgente la diretta esperienza di rappresentazioni teatrali, o quantomeno
cinematografiche relative alle opere in questione; e a tal proposito suggeriamo i titoli di alcuni film abbastanza recenti,5 peraltro facilmente reperibili in videocassetta o DVD, che possono essere considerati come validissimo punto di partenza per chi è digiuno'· dell'opera shakespeariana: 'Amleto' (1996) ed 'Enrico V" (1989) di Kenneth Branagh, 'Otello' (1995) di Oliver Parker, 'Riccardo III' (1996) e 'Il mercante di Venezia' (2004) di Al Pacino, 'L'ultima tempesta' (1980) di Peter Greenway.
È bene non avere alcuna soggezione nei confronti di questi celebri testi teatrali, ma avvicinarvisi con spontaneità, senza alcun complesso di inferiorità intellettuale; la fruizione risulterà piacevole e niente affatto noiosa - come tal uni invece temono - e nel momento in cui si riuscirà a coglierne l'intima essenza e la si rei azionerà alla propria vita, allora lo scopo dell'opera sarà chiaro, e sarà possibile produrre una meravigliosa trasformazione volta ad incidere sempre di più sulla propria coscienza: solo così si riuscirà a modificare l'andamento - il più delle volte orizzontale - della propria esistenza in maniera sempre più decisa, fino ad ottenere la grazia d'una santa verticalizzazione. Quindi non è nelle nostre intenzioni (e neanche nelle nostra possibilità) offrire al lettore uno studio sistematico, completo di approfondita visione storico letteraria dell'opera shakespeariana per cultori di letteratura, né intendiamo realizzare uno studio analitico dei riferimenti ai testi sacri della tradizione cristiana che emergono dai suoi lavori teatrali, come altri hanno già fatto;? di contro abbiamo voluto qui sfrondare l'approccio interpretativo da certi eccessi tipici della critica positivi sta di impostazione storico-economica e psicanalitica che, nella sua lettura razionalistica, il più delle volte ha allontanato il fruitore dall'essenza profonda, da quel messaggio tradizionale che ogni autentica opera d'arte porta con sé: una lettera, indirizzata a tutti noi uomini, dal più colto al più semplice.
Alla ricerca dunque di questo messaggio, disseminato nell'opera teatrale Shakespeariana, abbiamo tentato di offrire al lettore una certa varietà di spunti di riflessione organizzati secondo argomenti che fanno capo principalmente all'etica cristiana; si tratta d'un messaggio intenso, poderoso, in grado di destare la sopita coscienza dell'uomo moderno, un messaggio che cattura, come una rete invisibile che avvolge gli spettatori non appena si alza il sipario.
È ora di tirare fuori questa lettera dal cassetto, toglierne i sigilli e leggerla.
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