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Il Kojiki (Vecchie cose scritte) è al tempo stesso la più antica cronaca esistente in Giappone e il primo testo di narrativa giapponese pervenutoci.
Composto nei primi anni dell’VIII secolo su richiesta del sovrano Tenmu del clan Yamato, per documentare la storia del paese dalle sue origini fino ai suoi tempi, il Kojiki narra le origini del Giappone dall’era mitologica delle divinità shintoiste, i kami, fino al regno dell’imperatrice Suiko (592-628). Lo scopo principale era di legittimare la supremazia del clan Yamato sulla base di antichi documenti delle varie casate, certificando in tal modo l’importanza delle loro divinità protettrici all’interno del pantheon shinto, e l’esclusiva discendenza dei sovrani Yamato da Amaterasu, dea del sole e progenitrice della casata imperiale.
Per il testo, oltre alle fonti ufficiali, l’autore si avvalse anche di racconti e testi scritti memorizzati da un cortigiano in grado di leggere gli annali cinesi e raccontarli in giapponese; per questo inoltre il Kojiki è anche il primo tentativo di distaccarsi dalla scrittura cinese e mettere per iscritto la lingua autoctona giapponese.
L’opera è divisa in tre volumi: il primo volume, L’Era degli Dèi, si focalizza sulle divinità della creazione e la loro nascita, delineando i miti che riguardano la fondazione del Giappone; viene descritto come il nipote della dea Amaterasu sia disceso dall’Altopiano dei Cieli diventando il progenitore della linea imperiale giapponese.
Il secondo volume inizia con la storia dell’Imperatore Jinmu, primo Imperatore, e la sua conquista del Giappone, e termina con il quindicesimo Imperatore. Molte delle storie presenti in questo volume sono mitologiche. Il terzo volume presenta riferimenti molto limitati riguardo le divinità.