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Dall'introduzione di Giuseppe Augello:
"Il romanzo di Apuleio tra le opere giunteci dall'antichità è forse la più singolare e sconcertante che oggi si possa mettere nelle mani di un lettore moderno.
Non che esso non piaccia o non corrisponda più ai gusti di oggi. Anzi un libro, dove l'autore racconti la «sua» esperienza e si mostri come pervaso da inquietudini esistenziali e in cerca di una sua vocazione in mezzo a un mondo rappresentato come una selva di enigmi e di simboli, è cosa che può ben corrispondere ai gusti e alle inclinazioni dei moderni. Del resto quel Lucio, cosÌ com'è, gonfio di libidine e stordito di curiosità, strepitoso ed esaltato, fa presto a entrare nelle simpatie di chi legge. E mentr'egli rievoca cose e paesi visti, avventure e disavventure sperimentate, piace di risentire entro al suo racconto il timbro della giovinezza, quel tono teso e patetico, che poi è il tono di ogni uomo quando narra e ricompone la favola della propria vita.
Ma, alla lunga, il mirabolante miscuglio agitato da Apuleio, finisce per apparire cosÌ caotico e contraddittorio che il lettore ne resta come contrariato, perplesso. Egli sente di avere dinanzi un'opera stravagante eppure intensa, sensuale e mistica, lepida e insieme significativa, da cui però gli riesce difficile isolare il motivo dominante, il senso verace e profondo. Tutto il sapere che poteva allora ornare un uomo[…]"