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Il simbolo è uno sguardo, consapevole che la nostra esperienza del mondo non si riduce alla visibilità. È un vedere l'invisibile che, attraverso forme e figure, percorre una strada che non si ferma, che riparte a ogni immagine, a ogni conquista e a ogni perdita, che richiede ogni volta nuove immagini, nuove forme, nuovo tempo. Secondo la via indicata da Kant, Goethe e Husserl, il dialogo tra filosofia e arte restituisce al mito anche la sua valenza epistemologica. A partire da questa base, Elio Franzini si interroga sui «modi del visibile», la cui ricca e stratificata complessità, che è la stessa dell'occhio che sfiora le cose, è la trama su cui si innesta la loro simbolicità, cioè la ricerca di ciò che nel visibile può essere percepito oltre i sensi, eccedendone tempi e spazi. Il simbolo in questo senso diviene luogo di un sapere profondo, che non si riduce né alla rappresentazione né al concetto.
Traendo spunto dalle opere di Klee, Malevic, Cézanne, Giotto e Carpaccio, l'autore esamina alcuni temi simbolici tradizionali mostrando il nesso tra la loro storicità e una rilettura contemporanea. La bellezza affronta dunque le aporie del moderno, l'amore scopre la disillusione di un'impossibile redenzione, il tragico riflette sul riproporsi dei suoi tormentati paradigmi. Il moderno, infine, di fronte all'antico cerca di disegnare la nostra attuale identità simbolica.