AVVERTENZA
Questo libro fu pubblicato nel 1914, e non ebbe allora la ripercussione e la discussione che meritava a causa del sopraggiungere della guerra; ma fu ristampato dall'autore con qualche aggiunta nel 1924, e certamente sarebbe stato per lui inizio di nuovi lavori sull'argomento, se la morte non lo avesse rapito, quando egli era sui quarantasei anni.
Geoffrey Scott, nato a Branch Hill (Hampstead) l'11 giugno 1884, dopo avere studiato in Oxford, dimorò per più anni in Firenze, bibliotecario e amico del Berenson, delle cui dottrine di arte è chiara l'efficacia sul suo libro. Aveva anche, dal 1909, studiato e praticato in questa città l'architettura in società con Cecil Pinsent, al cui nome il libro è dedicato. Nel 1927 andò in America per pubblicare le carte private del Boswell che erano state acquistate dal colonnello Isham, e ne diè fuori due volumi, preparandosi a scrivere una monografia sul Boswell e su quello scorcio del secolo decimottavo che gli aveva già ispirato il Portrait of Zélide (1925), il quale, con l'Architecture of Humanism e un volumetto postumo di Poems (1931), è tutto quanto di lui rimane. Mori a New York, nell'Istituto Rockfeller, il 14 agosto 1929.
Coloro che lo conobbero, ricordano di lui soprattutto l'incantevole conversatore e rimpiangono le speranze che furono troncate dalla sua morte precoce.
Il libro, che offriamo tradotto, è degno per molti rispetti di essere meditato, ma soprattutto per il forte risalto che vi si dà nell'architettura all'aspetto capitale della Bellezza contro tendenze di carattere estraneo, come il goticismo e il romanticismo goticizzante e fantasticante. Se pure i risultati di questa polemica sono ora in parte acquisiti, il libro nulla perde del suo pregio, che è nella finezza e concretezza delle osservazioni, e nel vivo senso della bellezza artistica che lo anima e che sa comunicare ai lettori.