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La narrazione dell’itinerario intellettuale di uno storico della cultura è uno scavo nel ricordo personale e collettivo: una “archeologia” della memoria e dei popoli che è la cifra del pensiero di Assmann. Noto, e avversato, per le sue analisi sulla radice violenta dei monoteismi, in questa intervista l’egittologo racconta gli esordi, i grandi maestri che lo avvicinarono all’antica cultura egizia ed ebraica (Eberhard Otto, Georges Posener, Jacob Taubes, Guy Stroumsa), la storia del concetto di “distinzione mosaica” – dove “religione” sta per “distinzione” tra vero e falso, tra fedeltà e tradimento di Dio – dall’antichità all’età moderna, nel confronto con pensatori come Lessing e Mendelssohn nel ’700 e, nel ’900, Gandhi, Sloterdijk, Freud per la prospettiva psicanalitica, fino a Gadamer e Lévi-Strauss. L’idea di “traducibilità” dei nomi di Dio da una religione all’altra, propria degli antichi politeismi, e la moderna ermeneutica della religio duplex – doppia verità, universale e rivelata – permettono di ripensare il monoteismo oltre se stesso: un movimento della memoria e del concetto che va dalla religione esclusiva di Mosè alla possibilità di una religione universale.