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La lotta biologica, come metodologia di lotta contro gli organismi dannosi, benché preceduta da sporadiche applicazioni empiriche, nasce alla fine dell'800, in California, con la fortunata e celebre introduzione di un Coleottero Coccinellide, Rodolia cardinalis negli agrumeti effettuata da Riley per combattere il Coccide Icerya purchasis, originario, come il suo nemico naturale, dall'Australia, e in Russia, con un fungo, l'entomopatogeno Metharrizium anisopliae, che Metchnioff, lo scopritore della fagocitosi, impiegò fruttuosamente contro il Coleottero Scarabeide Anisoplia austriaca, che infesta i cereali. La lotta biologica si originò, dunque, direttamente sollecitata, e senza mediazione coinvolta, da esigenze di natura squisitamente pratica, applicativa, e il supporto teorico che la reggeva - a dir poco perigliosamente - era solo la darwiniana «struggle of life» che l'autore dell'«Origine delle specie» aveva gettato, nel cuore dell'800, sul tappeto delle scienze biologiche. L'assenza di una profonda elaborazione teorica preliminare o iniziale ha certo nuociuto non poco a questa metodologia complicata e polivalente di combattere gli organismi dannosi, facendo sì che nei primi decenni del 900 essa incontrasse difficoltà ed insuccessi, sia nel settore dell'impiego di entomofagi sia in quello delle applicazioni microbiologiche. Oggi, tuttavia, la lotta biologica, grazie a ricerche di dinamica delle popolazioni, di patologia degli invertebrati, di biochimica, di etologia comparata, ha conquistato una fondazione concettuale e sperimentale prestigiosa, configurandosi, in un'epoca di inquinamenti e di sfida ambientale, come uno dei più fertili ambiti dell'ecologia applicata. La lotta biologica esordisce, dunque, come metodo di utilizzazione dei nemici naturali - parassiti, predatori e patogeni - degli organismi dannosi.