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Il Bardo Thodol fu composto dal grande maestro Padma Sambhava, nell’VIII o nel IX secolo, per i buddhisti indiani e tibetani. Fu da questi nascosto per un’era a venire e ritrovato nel XIV secolo dal noto «scopritore di tesori» Karma Lingpa.
Il libro interpreta le esperienze dello stato intermedio (in tibetano bar-do), di solito riferito alla condizione tra la morte e la rinascita, secondo la prospettiva degli iniziati in un particolare mandala esoterico, il mandala delle cento divinità di buddha miti o feroci. Il titolo Il libro tibetano dei morti si deve alla traduzione di Kazi Dawa Samdup e W.H.Y. Evans-Wentz.
Bardo thos grol, tuttavia, il vero titolo tibetano, non significa il libro dei morti. Bardo indica, come si è detto, la condizione intermedia (i tibetani distinguono sei stati intermedi: l’intervallo tra la morte e la rinascita, tra il sonno e la veglia, tra la veglia e «l’assorbimento profondo», e i tre stati intermedi durante il processo di morte-rinascita), mentre le parole thos grol significano che l’insegnamento offerto da questo libro «libera» non appena lo si «apprenda» o «intenda», offrendo alla persona che affronta lo stato intermedio una comprensione così chiara e profonda da non richiedere una riflessione prolungata. Il titolo tibetano più comune dell’opera è perciò Il grande libro della liberazione naturale attraverso la comprensione nello stadio intermedio.
Un’approfondita descrizione del processo di morte ricavata dalla vasta letteratura tibetana sullo yoga supremo, e vaste parti mai tradotte prima dell’opera più ampia (Il profondo insegnamento della liberazione naturale attraverso la contemplazione delle divinità di buddha miti e feroci) di cui il Bardo Thodol costituisce una sezione, fanno di questa versione, curata da uno dei maggiori tibetologi viventi, l’edizione di riferimento per molti anni a venire di un grande classico del pensiero orientale.