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Gli epigrammi che Antipatro di Tessalonica scaglia contro l’alba e il canto del gallo, nemici del riposo e dell’amore, costituiscono l’inizio di un percorso a ritroso fra testi greci e germanici, i quali, potendo discendere da una comune tradizione poetica indoeuropea, impostano una riflessione attualissima sul rapporto tra l’uomo e la macchina, quel mulino che toglierà alle donne macinatrici la fatica della sveglia precoce e del lavoro manuale oppure servirà a renderle schiave anche durante le ore notturne. Attraverso l’apporto fondamentale dell’Avesta, il testo sacro della religione zoroastriana, si ricompone una visione dell’esistenza che alternativamente individua nel momento cruciale del risveglio mattutino ora l’inizio di una giornata pia e operosa ora il ritorno agli odiosi obblighi sociali e lavorativi imposti all’individuo, nell’attesa di una desiderata e sempre sfuggente età dell’oro che liberi l’uomo dalla fatica di vivere.