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Dalla prefazione di Fabrizio Sarazani:
“Il titolo (La Société de Rome) dato a questo libro dal conte zarista Paul Vasili promette ciò che mantiene. Non vuoI essere componimento storico,. saggio morale o moralistico di costume; non mira a sostenere tesi politiche; non tenta, nemmeno di sfuggita, di accendere nella sua prosa da conversazione compìta una dialettica di paragone. Sembra un titolo di conio dannunziano che avrebbe potuto, convenientemente, servire quelle cronachette giornalistiche le quali, come è noto, assorbirono tanta parte dell'attività di D'Annunzio nel suo settennio romano. Opera di osservazione giornalistica, questa di Vasili, per la quale si può ripetere quel saggio giudizio critico che fece suo Marcel Proust, affermando che dietro o dentro la prosa di uno scrittore, minore o maggiore che sia, sono sempre riconoscibili la buona creanza e l'urbanità, o la maleducazione e l'inurbanità dell'autore. Paul Vasi li guardò Roma con la curiosità e lo spirito del gentiluomo. Scrive, cioè, sia pure con elementare scorrevolezza, obbedendo alle perdute ed arcaiche fisime dello snobismo sofisticato che illuminava, gentilmente, il costume romano di quella breve età dorata che va dal 1878, morte di Vittorio Emanuele II, fino all'estate del 1900, assassinio di Re Umberto I e fine del carducciano «femminino regale» della Regina Margherita.[…]”