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«Con l'Iconologia alla mano», affermò Émile Mâle, «si può spiegare la maggior parte delle allegorie che ornano i palazzi e le chiese di Roma.»
E l'elogio del grande storico dell'arte è da considerarsi senza dubbio riduttivo, poiché da questo prodigioso repertorio di allegorie, raffiguranti, oltre alle Virtù e ai Vizi e alle Passioni, anche le Arti e le Parti del mondo con i loro attributi, attinsero a piene mani generazioni di artisti e poeti di tutta Europa. La fortuna di questo prezioso trattato crebbe durante tutta l'età barocca e la sua influenza dilagò anche nelle epoche successive, dando vita a quella solida tradizione iconologica, di cui le personificazioni allegoriche di Cesare Ripa sono al tempo stesso la Bibbia e i tarocchi. Scarse sono le notizie su Cesare Ripa. Sappiamo soltanto che nacque a Perugia intorno al 1560 e che morì prima del 1625, dopo un'anonima e schiva esistenza trascorsa per lo più a Siena, tra biblioteche e raccolte antiquarie, al servizio di un certo Cardinal Salviati. La prima edizione della sua Iconologia, senza figure, fu pubblicata a Roma nel 1593, e, sempre a Roma, apparve nel 1603 la seconda edizione illustrata con figure in gran parte derivate da Giuseppe Cesari, detto il Cavalier d'Arpino, le stesse che furono utilizzate nelle moltissime edizioni che seguirono.