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Le settimane che seguono la nascita sono come la traversata di un deserto. Un deserto popolato di mostri le nuove sensazioni che dal di dentro salgono all'assalto del corpo del bambino.
Dopo il calore del seno materno, dopo la folle stretta che è la nascita, la solitudine gelida della culla.
E poi una belva, la fame, che morde il piccolo nelle viscere.
Ciò che sconvolge il povero bambino non è la crudeltà della ferita.
È la sua novità.
E la morte del mondo tutt'intorno che conferisce all'orco proporzioni immense.
Come placare una simile angoscia?
Nutrire il bambino? Sì.
Ma non solo col latte.
Bisogna prenderlo fra le braccia. Bisogna carezzarlo, cullarlo.
E massaggiarlo.
Questo piccino: bisogna parlare alla sua pelle bisogna parlare al suo dorso che ha sete e fame come il suo ventre.
Nei paesi che hanno conservato il significato profondo delle cose le donne sanno ancora tutto questo. Perché hanno imparato dalle loro madri, e insegneranno alle loro figlie quest'arte profonda, semplice e molto antica che aiuta il bambino a accettare il mondo e lo fa sorridere alla vita.
Frédérick Leboyer è nato nel 1918, ha studiato medicina a Parigi a partire dal 1937 ha partecipato alla Resistenza, si è laureato dopo la Liberazione, è stato Chef de clinique à la Faculté ha lavorato per le Nazioni Unite. Nel 1959 ha avuto un primo contatto con l'India, dove ritorna ogni anno per qualche mese e da cui traggono origine le sue ricerche sulla nascita. Delle sue opere Bompiani ha pubblicato, nel 1975, Per una nascita senza violenza, e, nel 1979, Dalla luce, il bambino.