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Il Tesoro di Bengasi

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In occasione del centenario delle missioni archeologiche italiane in Libia (1913-2013)

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I. Ricerca e documenti
pp. 334, 27 fig. e riproduzioni di documenti, Pisa
data stampa: 2013
codice isbn: 978886227693
Dall'Introduzione:

Il furto del 'Tesoro di Bengasi', con i suoi oltre 8.000 pezzi di alto valore storico e culturale, nonché intrinseco, rappresenta un accadimento di portata eccezionale.

L'annuncio ufficiale della rapina è stato dato nel corso del Convegno Internazionale, promosso dalla Seconda Università di Napoli (SUN) in collaborazione con l'Unesco, For the Preservation of Cultural Heritage in Libya. A Dialogue among Institutions, tenuto a S. Leucio (Caserta) l'1-2 luglio 2011. In quella occasione il Dott. Fadel Ali Mohamed, appena nominato dal Consiglio Nazionale di Transizione (CNT) nuovo Chairman del Dipartimento alle Antichità della Libia ad interim, ha presentato agli organizzatori del convegno una richiesta di aiuto al Governo Italiano per il recupero del 'Tesoro di Bengasi', con una lettera indirizzata all'allora Ministro Franco Frattini, e un inventario dei reperti, purtroppo estremamente sintetico e privo di qualsiasi immagine dei preziosi.

Ricco tuttavia di altre informazioni sulle vicende connesse con il furto, quest'ultimo documento attesta per la prima volta che le migliaia di monete di oro, di argento e di bronzo nonché i gioielli, le statuette e altri oggetti di grande valore non appartenevano soltanto alla Soprintendenza di Cirene/Shahat (deposito del 1961) ma anche, benché in quantità minore, a quella di Bengasi (consegne effettuate a partire dal 1980 in seguito a scavi realizzati in precedenza).

Le nostre indagini, come si vedrà tra breve, sono state giocoforza concentrate sui reperti rinvenuti in Libia entro il 1942, anno della spedizione in Italia del 'Tesoro', e che furono restituiti al Paese nel 1961. Si tratta delle opere allora di proprietà della Soprintendenza Archeologica della Cirenaica, che custodiva i pezzi provenienti dagli scavi di Cirene, Barce, Tolemaide e Bengasi nonché la Collezione numismatica di Angelo Meliu, costituendo la parte più cospicua dei preziosi, e degli oggetti di proprietà della Soprintendenza della Tripolitania, che, rinvenuti in gran numero soprattutto a Leptis Magna e nel Fezzan, erano conservati a Tripoli, prima nel Museo Archeologico e poi nella Banca d'Italia. Nell'Archivio Storico-Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri (ASMAE) e negli altri archivi italiani, infatti, abbiamo reperito numerosi e importanti documenti relativi al 'Tesoro', anteriori al 1961, ma, come è ovvio, nessuna attestazione sui Beni della Soprintendenza di Bengasi, che rappresentano rinvenimenti relativamente recenti - peraltro praticamente inediti - consegnati alla Banca di Bengasi a partire dal 1980. Ecco quindi che il 'Tesoro di Bengasi', attualmente reso celebre con questa denominazione dai mass media, nelle nostre indagini deve forzatamente cambiare il suo nominativo in quello di 'Tesoro Archeologico della Libia', così come quest'ultimo viene menzionato nei documenti dell'Archivio Storico del MAE.
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