PREFAZIONE
In memoria di Nikolai Kisilov
Le cupole dorate, l'icona della Trinità di Rublev, i balletti russi con i loro colori; il quadrato bianco di Malevic, un operaio e una contadina del kolchoz che impugna la falce e il martello ... Per molti nostri contemporanei l'arte russa si riduce a questo inventario. A ciò si aggiunga l'idea di massicci prestiti: da Bisanzio, dagli artisti francesl; tedeschi e italiani; l'esilio sotto cieli nordici di forme familiari agli occidentali la cui immagine emblematica è San Pietroburgo. Collocata tra «russicità» e plagio, per l'arte russa non c'è salvezza.
Ma perché stupirsi di questa ignoranza? Dell'arte russa anteriore al XX secolo in Francia si trovano solo alcune icone tarde, che stanno all'arte del XV secolo come Bouguereau sta a Raffaello. La pittura è praticamente assente dai nostri musei e possono vederla solo coloro che si recano in Russia, a meno che non la trascurino per vedere i Cézanne del museo Puskin o i Rembrandt dell'Ermitage, come difatto accade per molti viaggiatori. Per raggiungere il grande pubblico non restano che le grandi esposizioni; che propongono, di volta in volta, i Tesori del Cremlino, il Legno russo, Parigi-Mosca.
Chiunque cerchi dl'nformarsi deve dunque ricorrere ai libri. Se l'arte antica, i balletti russi e l'avanguardia - con la sua nebulosa di -ismi - negli ultimi anni sono stati oggetto di un certo numero di pubblicazioni per quanto concerne il fenomeno artistico russo nel suo insieme c'è un gran vuoto. Dopo lo studio di Louis Réau, peraltro risalente al 1922 e oggi introvabile, non c'è altro. Anche le migliori enciclopedie mostrano strane lacune, saltando direttamente dall'arte antica all'avanguardia come se né il XVIII né il XIX secolo o i primi anni del XX secolo in Russia fossero mai esistiti; o meglio, esistessero solo registrati a voci esterne: Barocco, Classicismo, Romanticismo, Realismo, Art nouveau; in questo modo però, si attribuisce all'arte russa di quei periodi lo statuto di eterna gregaria, di sottoprodotto, di cugino di «provincia» che si siede a capotavola.
Tutto si svolge come se noi rifiutassimo all'arte russa un 'esistenza piena; come se, dopo esserci costruiti una volta per tutte uno stereotipo basato su pochi clichés, noi esigessimo che l'arte vi si adegui rispondendo a ciò che noi ci aspettiamo: la differenza, l'esotismo, una «russietà» tutta di colori; di piccole guglie dorate e di folclore; come ha fatto Viollet-le- Duc che, non contento di ridurre l'arte russa alla sola architettura, posizione in lui scusabile, nel 1877 la guardava con gli occhi dei suoi informatori slavofili rifiutando in blocco il retaggio occidentale.
Il libro che qui presentiamo fa giustizia di queste pericolose distorsioni e propone una visione storica completa ed equilibrata dello svolgimento dell'arte russa. Essa, infatti, viene qui trattata nel suo complesso, dalle origini cioè dal battesimo di Vladimir nel 988, che di fatto costituisce l'atto di nascita della Russia, fino agli albori del nostro secolo. E se questo è il progetto dichiarato fin dall'inizio, c'e un l'mportante posta in gioco: le riscoperta o, piuttosto, la scoperta, di un'arte russa e, nello stesso tempo, la sua prodigiosa esplosione ben oltre i confini della Russia. Per poter rendere percepibile tutta la sua importanza, basterà che l'arte russa si rivolga su se stessa, che le sia data la possibilità di conoscersi e di raccogliere il proprio patrimonio per potervi poi attingere liberamente. Ecco allora l'avventura delle esposizioni e degli spettacoli di Diagilev e il trionfo, a Parigi, di quelle «Stagioni russe» che noi ci ostiniamo a chiamare «balletti». Ecco l'astrazione, l'esaltazione del colore e della linea allo stato puro, e il fiorire di tutta una dinastia di artisti che, in patria o all'estero, progettano la propria arte secondo dimensioni planetarie per una storia ormai senza frontiere, quella del XX secolo...