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Il Bar-do Thos-grol, che in Occidente si è convenuto di chiamare Libro tibetano dei morti, appartiene, con il Libro egizio dei morti, con la liturgia cristiana dei defunti, con il rituale cinese del culto degli antenati e con innumerevoli altre opere analoghe, al filone di scritture arcaiche attraverso le quali l'uomo ha tentato di affrontare l'angosciante problema della morte, proponendo soluzioni che leniscono il terrore e rassicurano il vivente sul suo ignoto destino. Altrove concepita come finale dissoluzione, o come transito verso pallidi universi di rimpianto, o come integrazione nella gloria divina, la morte, in questo rituale tibetano, tradotto direttamente dall'originale, nella lussureggian te ricchezza delle sue mitologie, si configura in modo diverso. Nel tempo intermedio fra la morte fisica e il destino finale, il defunto conserva un principio cosciente, sul quale opera il monaco recitante che, attraverso la lettura del testo, ingenera in quel principio esperienze visionarie impressionanti ed evoca le immagini terrifiche degli dèi, perché il defunto/vivente acceda a una perfetta conoscenza liberatoria del sé e realizzi la rinascita. Il libro dei morti contiene quindi le antichissime tecniche che corrispondono al riscatto dell'uomo dalla falsa coscienza, consentendogli l'adesione alla realtà del sé sepolto e dell'intero cosmo.
Prefazione
Introduzione di Namkai Norbu
Il Libro Tibetano dei Morti
Meditazione del Bardo della Dharmata
L'invocazione che protegge dalla paura nel Bardo
I versi principali dei sei Bardo
Invocazione per la liberazione nel pericoloso sentiero del Bardo
Bibliografia