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De Officiis

Quel che è giusto fare

Einaudi
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a cura di Giusto Picone e Rosa Rita Marchese, testo latino a fronte
pp. XXVI-368, Torino
data stampa: 2012
codice isbn: 978880620141

«Tutti siamo sottoposti alla stessa legge di natura, e per la stessa ragione certamente la legge di natura ci impedirà di fare violenza agli altri uomini. Certamente è assurdo ciò che alcuni affermano, che mentre al padre o al fratello non toglierebbero nulla per il proprio vantaggio, diversa deve essere la considerazione che si ha degli altri concittadini. Costoro stabiliscono di non avere nessuna legge e nessun vincolo sociale per l'utile collettivo con gli altri cittadini; la loro opinione distrugge ogni forma di convivenza all'interno della cittadinanza. Invece, quelli che dicono di tenere in adeguata considerazione i concittadini, ma di negarla del tutto agli stranieri, costoro distruggono la comune società del genere umano, eliminata la quale si estirpano la capacità di fare del bene, la generosità, la bontà, la giustizia; coloro che estirpano tutte queste cose vanno considerati colpevoli di empietà nei confronti degli dèi».

Nell'accezione ciceroniana, gli officia sono regole di comportamento. Per condurre bene, virtuosamente, sia la vita pubblica sia quella privata. Con il De officiis, l'anno prima di morire, Cicerone si rivolge al figlio Marco e cerca di organizzare un sistema di trasmissione della memoria fra generazioni. Una specie di «Etica spiegata a mio figlio», come si intitolerebbe oggi, che è poi diventata uno snodo fondamentale per la cultura latina, medievale e moderna. Nata in tempi difficili per riassumere e tramandare l'identità culturale di una comunità in un passaggio storico cruciale, nel momento di massima discontinuità dell'organizzazione statuale romana, l'opera ha trovato lettori e cultori molto in là nel tempo. Questo passaggio di consegne, elaborato nella e per la guerra civile, è stato ripreso soprattutto quando la latinità era solo un ricordo o un modello. Con modalità prescrittive, Cicerone ha trasmesso il suo munus alle generazioni successive, proponendo quello che, nella ricezione, è divenuto un paradigma per chi si proponeva di riorganizzare altri tipi di società, sui fondamenti della sapientia, della iustitia, della magnitudo animis, del decorum. Si tratta di virtú che non potevano piú essere, né concettualmente né politicamente, quelle che Cicerone aveva messo a punto ma che alla sua teorizzazione si rifacevano, reinterpretandola, adattandola, in una trasmissione di valori che ha permeato la cosiddetta «cultura occidentale» fino ai giorni nostri.

Indice:

Di generazione in generazione: mores, memoria, munera nel de officiis di Cicerone di Giusto Picone


De officiis


Libro primo


Libro secondo


Libro terzo


Note


Bibliografia

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