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Dominique-Armand-Jean Le Boutiller de Rancé (1626-1700) a trentasette anni si apparta dal mondo, il gran secolo di Luigi XIV, e istituisce un nuovo severissimo ordine di monaci, detti "trappisti" dal luogo prescelto, la badia di Soligny-la-Trappe nell'Orno: qui egli trascorre altri trentasette anni attendendo la morte. Oltre un secolo dopo, nel 1844, François-René de Chateaubriand, ormai prossimo alla morte, ne scrive la biografia su insistente richiesta del suo confessore. Opera di penitenza e di edificazione? Nient'affatto: mobile, inquieta, ardente, la Vita di Rancé rimescola tutte le tentazioni e le curiosità della personalità complessa di uno scrittore che è passato attraverso la Rivoluzione, l'Impero, la Restaurazione, che ha conosciuto l'esilio e - rientrato in Francia col suo Dio e il suo re - gli onori e la gloria. In questo racconto di una conversione misteriosa e inquietante, la solitudine di Rancé appare turbata e rotta dalla venatura tenace del ricordo, come se la sua assorta esistenza di fuggiasco dal mondo non potesse soffocare i molti echi di quella società galante e turbolenta che l'aveva avuto protagonista, e soprattutto non potesse spegnere quel gran cicaleccio femminile che riempie di straordinaria suggestione la prima parte del libro. La presente edizione contiene la seconda e definitiva redazione dell'opera ed è introdotta da un breve saggio di Roland Barthes, un'analisi critica di lucidità e acutezza mirabili, che coglie nella Vita di Rancé la prefigurazione di una modernissima "letteratura del frammento", l'instaurarsi di un'esorabile separazione tra l'autore e il suo personaggio.