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Pronipote di Voltaire per parte di madre, gesuita, paleontologo di fama mondiale, dopo la sua morte Teilhard de Chardin è divenuto il più grande segno di contraddizione e quasi lo spartiacque tra due concezioni del mondo. Consapevole delle insufficienze di una cosmologia statica, di tipo ancora medievale, con la sua opposizione violenta tra materia e spirito, e, dall'altro lato, di un evoluzionismo areligioso e limitato al passato, egli ritiene possibile, necessario e urgente liberare il cristianesimo dai legami accidentali che lo vincolano al peso di concezioni passate, sviluppando quindi quelle splendide potenzialità cristologiche già intraviste dai Padri greci. Nella sua opera, a un tempo arditamente scientifica e profondamente religiosa, Teilhard ha mantenuto fede a quanto aveva scritto nel 1914: "Vorrei, con le mie meditazioni, con la mia parola, con la pratica di tutta la mia vita, scoprire e predicare le relazioni di continuità che fanno del Cosmo ... un ambiente divinizzato dalla Incarnazione, divinizzante per mezzo della comunione, e divinizzabile mediante la nostra cooperazione."
Ma la stessa novità delle sue concezioni, non riducibili né a teologia né a filosofia né a scienza, benché di tutte e tre partecipi, spiega a un tempo il fascino e la diffidenza, l'entusiasmo e l'avversione che esse hanno suscitato tra religiosi, laici, marxisti e sciènziati. Respinto da alcuni come un poetico sognatore o un cristiano di incerta ortodossia, salutato da altri come un nuovo padre della Chiesa, o un nuovo san Tommaso (cristianizzatore non più di Aristotele ma di Marx e Darwin), solo il futuro chiarirà la sua funzione storica: ma sin d'ora si può dire che le discussioni su di lui e sulla sua opera sono forse l'impegno più nobile e fecondo del nostro tempo.