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La lettera agli Ebrei, secondo una ormai nota espressione di E. Grässer, non è una lettera, non è di Paolo, né è stata inviata agli ebrei. È invece un magnifico e dotto «discorso di esortazione» (cfr. Eb 13,22) sul sacerdozio di Cristo, messo per iscritto e poi inviato a cristiani vittime di opposizioni e persecuzioni, bisognosi di una parola di incoraggiamento e di consolazione per rimanere saldi in Gesù, «autore e perfezionatore» della loro fede (12,2), unico mediatore tra Dio e gli uomini. Il titolo «Agli Ebrei» (Pròs Hebraíous) non fa parte dell'opera, ma è stato aggiunto successivamente. Infatti, non c'è alcun riscontro nel testo di questo nome o di quello di «giudei» oppure di «Israeliti», né ci sono allusioni a pratiche loro proprie come la circoncisione. Inoltre, non è indicata la regione in cui i destinatari vivono, né le loro origini etniche. Non si sottolinea, altresì, alcuna distinzione tra giudei e pagani. Ciò che è certo è che il predicatore si rivolge a dei cristiani (cfr. 3,14) ? e cristiani di lunga data (cfr. 5,12) ? i quali sono esortati a rimanere saldi nella fede in Cristo contro tendenze giudaizzanti di ritorno. Proprio questo aspetto, insieme a una conoscenza approfondita del culto giudaico, ha fatto pensare che l'autore si rivolgesse a una comunità di ebrei.