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Quando la scrittura va al cuore delle cose - per intensità di stile, per essenzialità dei temi trattati - è impossibile costringere un libro in una definizione di genere: muovendo da un dialogo ideale, in prima persona, con tre amici intellettuali uccisi dalla violenza di una guerra civile sempre più feroce, Assia Djebar dilata i confini di Bianco d'Algeria sino a fame il racconto autobiografico di una donna e di tutto il suo popolo.
La perdita, la cancellazione e il distacco, ma anche la capacità dei morti di vivere a lungo nell'anima di chi resta, abitano queste pagine con la solennità di un rito. Non importa se a essere evocati sono gli amici (un sociologo, uno psichiatra e un drammaturgo), gli scrittori di generazioni passate come Albert Camus e Frantz Fanon, o i giornalisti recentemente uccisi dagli integralisti: tutti gli intellettuali risuscitati dall'autrice. hanno fatto della propria penna uno strumento di impegno nei confronti del reale, di rinnovamento della vita e di esplorazione della morte. Tema tanto più cruciale, per Assia Djebar come per gli altri scrittori algerini, in quanto la pratica stessa della scrittura implica una scelta dolorosa e ineludibile, quella tra arabo e francese, che costituisce una presa di posizione sulla propria identità.
Dagli episodi inediti della guerra d'indipendenza fino alla crisi attuale, prende corpo grazie a queste riflessioni, grazie al loro stile spoglio e straordinariamente suggestivo, la rivisitazione di una cultura millenaria, sospesa fra passato e presente, ricca di tutte le contraddizioni che la coesistenza di popoli diversi comporta. E la storia di questa civiltà sembra svolgersi in un bianco accecante, colore della morte nella tradizione araba, ma anche simbolo di pace e di silenzio, riverbero del sole sulla polvere dell'Algeria.
Assia Djebar, nata a Cherchell, in Algeria, è fra gli scrittori del Maghreb più conosciuti nel mondo, e la sua opera è stata tradotta in numerose lingue. Sostenitrice dell'emancipazione femminile nel mondo islamico, vive tra la Francia e gli Stati Uniti, dove dirige il Center for French and Francophone Studies, in Louisiana. Fra le sue numerose opere di narrativa, alcune sono state tradotte in italiano: Donne d'Algeri nei loro appartamenti (1988), Lontano da Medina (1993) e L'amore, la guerra (1995). In Italia è uscita una lunga intervista curata da Renate Siebert: Andare ancora al cuore delle ferite (1997). Assia Djebar è nota anche come regista, e ha vinto nel 1979 il Premio della critica internazionale al Festival del cinema di Venezia.